"L'arte è ricerca. E non finisce mai", intervista a Lucrezia Salerno
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"Vuoto d'aria e altri lavori", ultima mostra dell'artista alla galleria Entr'acte |
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Piazza delle Scuole Pie |
Durante le prime ore pomeridiane, ci siamo incamminati nei meandri degli stretti e avvolgenti caruggi della città, arrivando in questa ampia piazza circondata dagli storici e altissimi palazzi genovesi.
Questa ospita diversi laboratori artistici e artigianali tra cui quello di nostro interesse di visita: lo studio della ceramista Lucrezia Salerno.
Ci siamo quindi addentrati in questo "nucleo artistico": un piccolo spazio, pieno di lavori, materiali e varie opere che ci avvolgevano e ospitavano come un nido colmo di creatività.
Ad ospitarci c'era Lucrezia, pronta a parlarci della sua esperienza personale nel mondo dell'arte, in questo caso della ceramica e del modellato.
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L'insegna del laboratorio di Lucrezia |
In seguito ha deciso di aprire il suo laboratorio, continuando ancora la sperimentazione dei materiali con opere ispirate inizialmente all'arte medievale, arrivando alle ultime opere che ha realizzato: costituite di porcellana trattata con la tecnica del Tulle.
"Mi sono aperta un laboratorio e ho cominciato questa attività. Ho provato a sperimentare questa serie di materiali e da lì è partita tutta la mia ricerca, iniziata attraverso l'arte medievale, le ceramiche medievali e poi da lì mi sono orientata su diverse tecniche", afferma Lucrezia.
Durante il proseguimento del pomeriggio, oltre a farci vedere tutti i suoi elaborati, ci ha spiegato come funziona la sua attività e le basi di come intraprendere un percorso prettamente artistico.
Io ho iniziato a fare questo nel 1987, quindi sono praticamente 40 anni quasi che io faccio questo, è un percorso lungo per chi vuole farlo; poi ho girato e interagito con laboratori per ragazzi, ho lavorato, non vedenti, non udenti, ho lavorato con le scuole elementari, scuole medie, adulti, questo ti serve sempre anche per fare ricerca personale. Nei miei laboratori la manipolazione dell’argilla diventa un mezzo per l’espressione personale. Non è fondamentale imparare a creare una tazza o un piatto perfetti, ma piuttosto sviluppare un proprio linguaggio artistico. Il mio obiettivo è far sì che ogni partecipante riconosca qualcosa di sé nel proprio lavoro.
Come dicevi prima, quando si dice ceramica è un po' riduttivo, no? Perché alla fine stai parlando di un sacco di materiali con cui si può sperimentare.
Lì dipende un attimo, se tu vai da un ceramista classico, tradizionale, il tuo lavoro si ferma nell'argilla. Quindi come lavorare l'argilla?
Hai diverse tipologie, però in sostanza è il materiale primo, praticamente, è molto plastica e tu riesci a lavorarla e si può fare di tutto, dai piatti, alle ciotole. Volendo si può andare a cercarla da soli, è un materiale che si trova in natura.
Hai diverse tipologie, però in sostanza è il materiale primo, praticamente, è molto plastica e tu riesci a lavorarla e si può fare di tutto, dai piatti, alle ciotole. Volendo si può andare a cercarla da soli, è un materiale che si trova in natura.
Hai tanti materiali, ma se si vuole iniziare da cosa si parte?
Con l'indispensabile. Per esempio ho lavorato nel carcere di Pontedecimo dove non potevo portare nulla. Ho lavorato con delle persone, delle donne che non hanno mai fatto ceramica, mai utilizzato l'argilla, eppure abbiamo fatto lo stesso un pezzo di percorso insieme.E gli attrezzi?
L'importante è avere l'argilla, che sia un’argilla morbida, sempre chiusa perché sennò si indurisce e poi gli attrezzi sono semplicissimi. Io in carcere utilizzavo ad esempio gli stecchini, perché non potevo usare coltelli, non potevo usare stecche a punta, non potevo usare nulla, quindi va bene anche quello che c'è in casa, io ho utilizzato le forchette.
Io per esempio ho iniziato con un laboratorio artigianale, ma con il tempo ho sentito il bisogno di andare oltre la produzione di oggetti funzionali. Tuttavia non è facile vivere d’arte: mentre in passato c’erano galleristi che sostenevano gli artisti, oggi bisogna trovare modi alternativi per finanziare la propria ricerca.
Oggi inoltre l’arte contemporanea si è spostata sempre più sul digitale, con molti giovani artisti che preferiscono vendere online piuttosto che esporre fisicamente. Tuttavia, questo comporta il rischio di non lasciare una traccia storica del proprio lavoro, come accadeva con gli artisti del passato.
Alla fine, il messaggio di Lucrezia è chiaro: fare arte non è solo una professione, ma un bisogno vitale. È necessario trovare il proprio spazio, sperimentare e non avere paura di esplorare nuove strade, anche quando il sistema sembra non offrire sostegno.
Annalisa Dagostino, Matilda Rinaldi, Martin Capozzi
Grazie ragazzi, per quanto scritto mi piace , bravi!! A presto Lucrezia
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