Drop-out sportivo: come affrontarlo?

Molto spesso si parla di quanto lo sport sia ottimo per la salute sia fisica che mentale e si finisce per trascurare tutto ciò che riguarda lo stress, l'ansia e la mancanza di motivazioni che spesso portano a un drop-out sportivo, ovvero l'abbandono improvviso di una attività.
Questo accade in tutti gli ambiti sportivi ed è spesso frequente negli atleti più giovani, ancora immaturi rispetto alle loro effettive capacità. Il drop-out è legato a molte situazioni e circostanze diverse, spesso anche molto personali in base alle esperienze del singolo atleta.
"L'ambiente dello sport agonistico, ma anche amatoriale (per esempio il calcio per i bambini piccoli) sta diventando sempre di più non tanto sano", afferma Maurizio Tuccio, medico fisiatra e psicoterapeuta.
Si possono trovare diversi punti in comune in generale tra i molti sportivi che hanno deciso di abbandonare la propria attività:
-Senso di insicurezza sulle proprie abilità;
-Mancanza di successo: nello sport è risaputo che non si possa vincere sempre, capita spesso di vivere periodi in cui non si vedono risultati o miglioramenti durante gli allenamenti o nelle gare (come per esempio tempi, perfezionamenti delle tecniche). Questi possono avere durate più o meno lunghe e sono ampiamente influenzati anche dallo stato psicologico dell'atleta. Dal punto di vista del singolo, non vedere risultati così a lungo potrebbe farlo cadere in forti insicurezze sulle proprie capacità, convincendolo di essere arrivato al proprio limite e di non essere più all'altezza per continuare. Di conseguenza l'atleta è demoralizzato e con difficoltà riesce effettivamente a superare questo blocco perché limitato dal costante pensiero di non essere più all'altezza.
Questa situazione viene accentuata maggiormente nell'ambito agonistico dove ci sono maggiori pretese sulle prestazioni.
-Rapporto non funzionale con allenatore/squadra/famiglia: come ogni ambiente più o meno sociale si è a stretto contatto con i propri compagni di squadra e con il proprio allenatore. Non sempre si forma un rapporto funzionale e questo potrebbe limitare notevolmente il percorso dell'atleta. Ci sono casi in cui l'allenatore presenta atteggiamenti molto più rigidi del dovuto che possono influire sulla condizione psicologia dello sportivo. "Bisogna fare attenzione però, l'allenatore non è uno psicologo, ma è comunque necessario che stabilisca un certo legame con i propri atleti", afferma Maurizio Tuccio.

Come si potrebbe affrontare quindi questo momento di disagio che si prova durante gli allenamenti o nelle competizioni ed evitare di lasciare del tutto il proprio sport? 
Valutare di prendere una pausa dalla propria attività può essere una soluzione, ma bisogna porre attenzione sull'effettivo scopo e finalità di questa interruzione. 
"L'importante è che questa pausa non sia una fuga, è importante anche non sentirsi giudicato, per esempio dall'allenatore, dalla famiglia e in generale dalla società - spiega ancora Tuccio - di conseguenza potersi permettere di sospendere e capire se è uno "scappare" da uno sport o uno "scappare" da qualcos'altro."
"La cosa fondamentale è sicuramente non negare quel disagio, non negare le sensazioni che si provano o non volerle affrontare. Bisogna considerare il momento di crisi come un momento normale, un momento umano e di crescita personale, può essere d'aiuto anche riconoscere i benefici di quanto sia sano e bello uno sport se fatto bene", conclude Maurizio.

Annalisa Dagostino 

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