Manifestazioni studentesche: necessarie o evitabili?

Manifestazione e sciopero scuola: limite massimo di assenze | Studenti.it

Di questi tempi è molto comune andare incontro a manifestazioni studentesche, legate a temi di qualunque tipo: cambiamento climatico, sistemi politici inefficienti, movimenti contro le guerre e la fame nel mondo ecc.

E' giusto che si abbia il coraggio di combattere per diritti da molti, giustamente, considerati fondamentali, per noi e per il nostro futuro. Dopo un po' che si va incontro a questi eventi, tuttavia,  viene da chiedersi: stiamo davvero arrivando a qualcosa?

La maggior parte di queste manifestazioni viene spesso organizzata da studenti ancora minorenni (perché non dimentichiamo che a 17 anni sei ancora minorenne) che dovrebbero essere il volto del futuro del nostro Paese. Tuttavia, nel sistema politico-sociale attuale, bene o male, questi ragazzi hanno molti limiti da minorenni e una conseguente influenza minore rispetto agli adulti. 

Nella maggioranza dei casi inoltre, queste manifestazioni vengono troppo spesso organizzate in piena settimana scolastica, cosa che fa quindi correre il rischio che siano sorrette da alunni che semplicemente vogliono una scusa per non partecipare alle lezioni. Questo svantaggerebbe anche classi e professori/professoresse, che, nel loro percorso scolastico, si trovano rallentati da questi episodi. E' giusto tenere a valori sociali-politici, ma che senso avrebbe se danneggia poi quello che, bene o male, è il posto per eccellenza per scoprire questi valori, cioè la scuola stessa?

Senza contare che molti temi tipici di questi eventi, che sono generalmente quelli che ho elencato all'inizio dell'articolo, coinvolgono non solo il nostro Paese, ma l'intera popolazione mondiale. Il problema è che sono spesso organizzati da un solo liceo, o addirittura da un solo plesso, di una sola città in un intero continente. E' quindi evidente che l'influenza che vorrebbe avere sulla politica o anche sulla società sarebbe quasi nulla.

C'è da considerare anche che non è certo la prima volta che avvengono manifestazioni su temi globali, soprattutto da classi liceali. Basti pensare ai movimenti degli anni '60-'70. Pare, tuttavia, che siano meno influenti nella nostra società, rispetto a quei tempi. Ma perché?


Un tempo le voci di questi movimenti venivano diffuse non solo tramite strumenti di comunicazione diverse, come le radio, le tv o i giornali, ma anche attraverso forme d'arte: musica, film, disegni, anche fotografie. Essi erano un mezzo per far aprire gli occhi alla gente comune su un lato decadente della loro società, a molti invisibile, e li incoraggiavano ad agire contro le ingiustizie.

Oggi si potrebbe pensare che i maggiori strumenti di diffusione, anche di arte, siano i social. Quanti post di Instagram o tiktok vi saranno capitati nei per te, di licei che organizzano movimenti studenteschi a sfondo politico-sociale, o comunque di profili che pubblicizzavano o commentavano queste cose. Questi nuovi strumenti di comunicazione, però, sono controllati da algoritmi ed intelligenze artificiali, che possono allontanarti da argomenti che riguardano il nostro futuro, distraendoti con contenuti ignoranti in maniera pesante e che spesso giocano con paure ed ansie altrui.

Sarebbe sicuramente utile per queste manifestazioni avere più seguaci, per sottolineare meglio la gravità dei temi affrontati. Ciò però non toglierebbe il fatto che avremmo comunque a che fare con manifestazioni da parte di studenti sotto i 18 anni, in un governo dove la voce dei giovani è poco privilegiata rispetto a quella degli adulti. Senza tirare in mezzo il fatto che attualmente la nostra popolazione soffre di una percentuale di anziani più elevata rispetto a quella dei minorenni. Inoltre, anche aumentando il numero di manifestanti, si tratterebbe comunque di un evento contenuto in una sola città, intento lo stesso a cercare di parlare a un intero continente.

La soluzione, secondo me, sarebbe cercare di espandere queste manifestazioni non solo oltre una sede, non solo oltre una città, non solo oltre uno stato ma almeno espandersi in un intero continente. E' difficile, certo, ma non credo che sia impossibile. Bisognerebbe anche pensare a coinvolgere  una fetta di popolazione più adulta, che è poi la fonte motrice di alcuni temi di queste manifestazioni, che vive in prima persona tipi di abusi di qualunque tipo ed è quindi più spinta a portare avanti queste ribellioni.

Un'altra soluzione sarebbe anche provare a comprendere i punti di vista di coloro che preferiscono stare in disparte a questi movimenti, perché forse non sentono che è la loro battaglia o pensano che abbiano di meglio da fare. Da quei ragionamenti, poi, si formula un modo per convincerli che impegnarsi può essere una buona idea. Potrebbero volerne stare fuori perché semplicemente non sentono che questa sia la loro guerra e personalmente, almeno ora come ora, non ci vedo niente di male. In altri casi, tuttavia, sarebbe giusto riflettere se problemi di livello globale siano gli unici che ci affliggono oggi giorno. Tra i ragazzi nell'età adolescenziale, indipendentemente dal posto o nazione, si stanno alzando pesantemente casi di depressione, originati da qualunque motivo: brutti voti a scuola, paura di essere tagliati fuori tra i propri amici, paura di non star portando avanti i propri sogni e interessi, sacrificandoli ad attività più inutili e meno educative.

Da un lato alcuni argomenti che, a mio parere, dovremmo semplicemente far correre, sono stati troppo al centro della nostra attenzione e di movimenti, che non mi pare abbiano portato a chissà ché. Da un altro, ci siamo troppo scordati di noi stessi e delle nostre ansie quotidiane, la cui soluzione potrebbe anche essere il più piccolo dei gesti.

In conclusione, la domanda che mi viene da porre in questo trambusto è: quali problemi valgono la pena di essere affrontati, e quali invece sarebbe meglio aspettare che spariscano nello stesso modo in cui sono saltati fuori?

S-punk!!!

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