Uno sguardo sulla diaspora africana: la Santeria Cubana

Festival del Caribe, Santiago de Cuba 2023
 - bambini riprendono i balli e i vestiti
 folklorici della Santeria
(foto: Maria Bera)
- Obatalà, Yemayà, Oshun: sono solo alcuni degli orishas più importanti della religione Yoruba diffusasi, in modo diverso, in alcuni paesi latinoamericani; ma come mai la religione e quindi aspetti della cultura e della lingua Yoruba, appartenenti alle regioni dell'Africa Occidentale, sono ormai parte integrale di culture come quella cubana o quella brasiliana?

Scopriamo insieme le particolari affinità che vi sono tra queste diverse regioni del pianeta e come la tratta degli schiavi abbia avuto un reale impatto etnico culturale nelle regioni dell'America Latina e, nel caso di questo articolo, particolarmente su Cuba.

Testa di Elegguà che si mette
solitamente dietro alla porta
Prima però, è giusto partire dalla base, quali sono i fondamenti di questa religione da cui la Santeria cubana ha preso le radici? Nella religione Yoruba vi è un dio da cui l'universo e le sue leggi hanno origine, Olodumare, e che non ha nessun contatto con gli esseri umani. Delle sue manifestazioni, quali Olorun e Olofin, da cui deriva l'energia primordiale (ase), hanno invece un contatto più o meno diretto con l'umanità. Da Olodumare, vengono generati gli òrìṣà. Gli Orisà sono le divinità da cui è generato l'essere umano (in particolare, dall'unione tra Yemayà e Obatalà) e, non solo, queste divinità accompagnano gli uomini lungo il loro cammino sulla terra, incarnandosi spesso nel corso della storia proprio in alcuni di loro. 
Il pantheon di divinità nella religione Yoruba tradizionale è vastissimo e si richiamano tutti a elementi della vita comune come Yemayà (dea del mare) o Shango (dio del tuono), lasciamo qui allegato un link che lo mostra per intero, per i più curiosi.

Il primo rito di iniziazione di un praticante è quello della Mano Orula: ogni essere umano possiede un padre o una madre orisas che lo accompagna nel suo percorso di vita, questo rito è svolto da 3 babalawo (sacerdoti più alti della gerarchia) proprio per scoprire di quale orisa si è figli e che destino ci è dato su questa terra (il destino è un altro tema fondamentale della religione). Alla fine della cerimonia, che dura tre giorni, si riceve un bracciale di perline gialle e verdi (a cui non si possono fare foto), simbolo della protezione di Orula sul praticante.

 

Altare di Oshun a Santiago de Cuba    
Detto questo, è giusto chiarire la difficoltà di trattare un argomento del genere, per vari motivi. Come prima cosa, essendoci state diverse declinazioni, stessi orisa si trovano con nomi diversi (per esempio Orunmila in America latina è Orula), in secondo luogo, è una religione priva di un istituzione centrale rigida e che quindi ogni regione geografica può trattare in base alle proprie tradizioni, oltre a disporre di poche fonti che siano precise e approfondite.

Cerchiamo quindi di non addentrarci troppo nel dettaglio (ci vorrebbe un libro per questo) e vediamo invece come la religione Yoruba si sia fusa alla religione Cristiana, dando luce alla Santeria (o ''regla de Osha''), con qualche curiosità sui balli rituali e una piccola storia direttamente dalla sua mitologia.

Le tratte degli schiavi a partire dalla scoperta dell'America in poi, diedero inizio a una vera e propria diaspora della cultura africana, nel caso cubano principalmente provenienti da quella che era la zona d'influenza del popolo Yoruba. Gli uomini e le donne Yoruba deportati a Cuba furono costretti a nascondere le proprie tradizioni per adottare formalmente quelle del colonizzatore ma, com'era naturale che accadesse, si è verificato invece quello che in termini tecnici si definisce un ''sincretismo'', ovvero una confluenza di aspetti religiosi da entrambi i lati, dando origine alla Santeria. 
Rappresentazione di Oyà
di Francisco Santos
Questa religione, mantenuta in clandestinità, arriva a attuarsi apertamente una volta compiuta la guerra d'indipendenza che garantiva per la prima volta la libertà di culto. Questo sincretismo ha fatto si che molti degli orishas (in spagnolo cambia la scrittura da orisa a orisha), fossero affiancati a dei santi cristiani, per esempio: Elegguà (considerato colui che apre tutte le strade) è sincretizzato a San Antonio di Padova, Shangò (dio della forza) a Santa Barbara e Oshun (dea della fertilità e dell'amore) a Santa Maria de la Caridad, nonché santa patrona di Cuba.
Nella casa dei praticanti vi sono degli ''altari'' che presentano degli oggetti sacri nominati ''fundamentos'', altare sul quale si posano delle offerte (ebò) fatte al proprio Santo (o Orisha) protettore, seguendo quelli che secondo la tradizione sono le offerte che corrispondono. Non è raro trovare su questi altari delle statuette raffiguranti santi o figure cattolici come, per esempio, statuette della Vergine o icone religiose.
Rappresentazione di Elegguà

Venendo invece alla musica, essendo una religione di origini africane, i balli rituali accompagnati da specifici ritmi e percussioni sono fondamentali. In particolare ''el tambor'' o anche detto ''toque de Santos'', è una festa dove si canta e si chiede agli Orishas di unirsi. A ogni Orisha corrisponde un ritmo, una danza e dei vestiti rappresentativi (lasciamo in allegato un ballo rappresentativo di Oya, divinità della tempesta e guerriera), di fatti questi canti sono considerati come preghiere. Le percussioni principali sono i tambor batà e ''las tumbadoras'', quest'ultime anche percussioni principali della ''conga'', gruppi musicali delle ''comparsas'' cubane. Il tratto peculiare di queste feste, oltre che vengono svolte spesso anche in luoghi pubblici o all'aperto, è il fatto che durante il rito è possibile che l'Orisha che è stato chiamato ''possegga'' il santero che danza, gettandolo in uno stato di trance.
ELEGGUA' - Elegguà, rappresentato come giullare, bambino, giovane o vecchio, sempre caratterizzato da un atteggiamento ribelle e imbroglione. 
Festival del Caribe, Santiago de Cuba 2023
- Elegguà (foto: Maria Bera)
Uno dei miti narra che un giorno egli sia arrivato in un villaggio con un cappello a metà rosso e a metà nero, gettando discordia tra la popolazione che litigava sul colore del cappello dello straniero che avevano appena visto. Una versione del mito si conclude con Elegguà che spiega ai popolani la soluzione alle discordie, istruendoli sulla diversità della percezione. Altra versione, meno felice, lascia invece le diverse fazioni a scannarsi a vicenda senza soluzioni, portando il villaggio al massacro. Proprio per la complessità dell'argomento, frutto di stratificazioni culturali avvenute nel corso di secoli, è giusto guardare ad esso con occhio attento e non banalizzante e vi invito così alla scoperta del lato religioso e musicale (lati intrinsecamente legati) di quest'isola, con le sue diverse origini e i suoi sincretismi, di fronte alla quale non si può che rimanere ipnotizzati.

Maria Bera

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