Sentire il vuoto interiore per conoscere gli altri

Pubblichiamo qui il saggio di Beatrice Formaggi, studentessa di 5C che ha vinto la selezione di Istituto qualificandosi alle gare regionali delle Olimpiadi di filosofia.

Appare evidente in tempi odierni l’importanza di elevare le proprie peculiarità superficiali al mondo, nel tentativo di trovare altri individui con cui rapportarsi in modo spensierato.

L’uomo del ventunesimo secolo è attratto dalla comodità e dalla semplicità, due termini con cui si potrebbe descrivere, per l’appunto, l’avanzare del progresso. Tali appellativi vanno a diramarsi in più ambiti della vita del singolo, fino ad arrivare ai rapporti sociali di cui si è iniziato a parlare poc’anzi.

In tal modo, io, individuo dotato di pensieri e preoccupazioni distribuiti tra il mio conscio e il mio inconscio, non avrò l’incombenza di appesantire il mio carico con quello degli altri se decido di espormi superficialmente a mia volta.

Questo processo, interpretabile come un meccanismo di difesa, impigrisce l’animo umano ormai convinto di essere in grado di definire esaustivamente gli altri individui.

Secondo il noto filosofo tedesco Schopenhauer, la vita dell’uomo è paragonabile a un pendolo che oscilla tra il dolore e la noia, passando per un lasso di tempo breve e illusorio chiamato felicità. Condannando il suicidio come possibile soluzione, egli teorizza le vie di liberazione dal dolore, in cui è presente l’ascesi. Un concetto similare viene esposto da filosofi precedenti e successivi a Schopenhauer, come nei tre stadi della vita umana secondo Kierkegaard, o come nella Fenomenologia dello Spirito di Hegel, ossia l’abbandono alla fede e conseguentemente la sottomissione a Dio come stato di compimento dell’io.

Questo per evidenziare come l’uomo, prima di ricongiungersi con un’entità a cui riconosce la propria devozione e inferiorità, vive nella convinzione di poter arrivare alla conoscenza di ogni cosa. Tale saccenza a ridosso degli altri individui trova la sua contraddizione nel momento in cui si è incapaci di definire la propria essenza, il proprio spazio vuoto.

Il vuoto interiore che ognuno porta con sé è ignoto alla coscienza stessa di chi lo possiede.
L’attenzione e la ricerca a questa intima parte dell’animo umano è utile a scavare nell’immensa quantità di strati di cui la nostra persona è composta.
Per mezzo della meditazione del nostro vuoto, ci possiamo scardinare dall’idea di essere unicamente le nostre peculiarità superflue, ma di essere composti anche da una parte che gli altri non possono conoscere.
A tal proposito, l’uomo è alla costante ricerca, mediante gli strumenti che la medicina moderna ci offre, di scovare il vuoto di chi non vuole identificarsi con i propri tratti caratterizzanti, così da scoprire un ‘’nuovo io’’ celato nell’inconscio, scindendosi dalla propria superficialità e prendendone le distanze.
 
Volersi cimentare nel tentativo di aiutare un individuo a cambiare richiede di certo una dose significativa di sicurezza e conoscenza di sé. Secondo il mio modesto parere ciò implica un paradosso, in quanto penso sia impossibile raggiungere pienamente il vuoto interiore altrui quando risulta così complesso tendere al proprio. Il motivo per cui se si guarda dentro di sé si può arrivare a risultati più soddisfacenti è per via dell’esperienza vissuta in prima persona, un concetto impossibile da trasmettere nella sua completa fedeltà.

Ma dunque perché si tende a far affidamento comunque su un esterno?
E’ impossibile autodefinirsi e conseguentemente è impossibile farsi definire esaustivamente da qualcun altro. Tuttavia il cervello umano si allinea talvolta a dei binari comuni agli altri, seguendo una sottospecie di trama.
Per questo, basandosi sull’esperienza collettiva e annullando gli ostacoli emotivi si può tentare di definire un altro io, ma solo tentare.
In conclusione, l’uomo e tutte le sue sfaccettature sono indefinibili e cambiare è un processo in cui risulta fondamentale un’approfondita ricerca personale.

Solo l’individuo è in grado di percepire il proprio spazio vuoto e di scegliere se tendervi o meno.

Beatrice Formaggi



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