Manfred, l'eroe romantico che parla a tutti noi

Johann Peters, Manfred morente
Johann Peters, Manfred morente
- Il Manfred, opera teatrale composta dallo scrittore romantico Lord Byron nel 1817, è una delle più alte testimonianze della letteratura romantica. La storia, vicina alle vicende autobiografiche dell'autore, vede nei suoi tre atti il percorso del protagonista, un giovane nobile di nome Manfred tormentato da una terribile colpa che lo opprime, colpa che non viene mai esplicitamente chiarita ma che si scopre più tardi essere legata alla morte dell'amata Astarte. 

Ma prima di addentrarci nella storia del nostro eroe byroniano, perché un'opera del 1817 dovrebbe interessare dei giovani studenti come noi ancora oggi? E perché dovremmo avvicinarci alla lettura di questo o  qualsiasi altro classico? 

Si potrebbe pensare che siano cose vecchie e polverose che si studiano sui libri di scuola, lontanissime di data e di spirito 
ma, per fortuna, non è così. I classici della letteratura, più o meno recenti che siano, proprio per il fatto di essere classici possiedono delle caratteristiche comuni all'uomo, a 
prescindere dall'epoca in cui si trova: esso accompagna i protagonisti del romanzo tanto quanto accompagna noi lettori e non solo ci permette di penetrare dentro alla psiche dell'essere umano con uno sguardo più introspettivo, ma, talvolta, di darci gli strumenti per comprendere noi stessi e rendere meno soli i nostri pensieri e la nostra interiorità. Il classico, perciò, è tale proprio perché va oltre la sua data di pubblicazione e cominciare questo tipo di lettura può diventare non solo diletto ma anche costruzione del proprio io.
Fatta questa premessa, possiamo farci strada nella particolare storia di Manfred e come abbia continuato a ispirare generazioni a venire.
Il testo si sviluppa intorno al mondo interiore del protagonista, un uomo solitario e misterioso, fuori dal proprio tempo e che, a differenza dei superstiziosi e ortodossi suoi contemporanei, si occupa di magia e spiritualità. Quante volte, di fronte a un grande dolore, ci siamo ritrovati a implorare la qualsiasi pur di riparare la causa della nostra sofferenza? Così, anche il Manfred è alla ricerca disperata di una soluzione per il proprio dolore, causato dalla scomparsa della compagna (nonché sorellastra) Astarte. Inizialmente, invoca gli spiriti della natura per esprimere il suo desiderio: ''l'oblio di quello che è dentro di me'', desiderio che le entità sovrannaturali non sono in grado di esaudire in quanto ''Possiamo solo darti ciò che possediamo''. Manfred si sente totalmente abbandonato a sé stesso, reduce del rifiuto degli spiriti, pensa dunque all'estrema delle soluzioni: il suicidio. 

Manfred sur la Jungfrau
F. M. Brown, Manfred sur la Jungfrau        
Nel mezzo del paesaggio imponente delle Alpi, il ragazzo cammina sui margini dei precipizi e sul punto di cedere al terribile pensiero.
Viene però salvato da un cacciatore di camosci che lo distoglie dalla scelta e lo accompagna in un rifugio. Tenta di evocare la Strega delle Alpi in suo aiuto, che gli proporrà la soluzione a patto che l'umano si sottometta alla sua volontà: Manfred però rifiuta, imponendo alla strega di ritirarsi. Ultimo tentativo, il giovane si rivolge alla più potente delle entità, anch'essa impotente di fronte al suo dolore. 
Ritiratosi nel suo castello, in attesa della morte (soluzione finale per ricongiungersi con l'amata), viene sorpreso dalla visita dell'abate di St. Maurice che tenta un'ultima volta di convertirlo e salvarlo dalla ''pericolosità delle sue azioni diaboliche'' ma, così come qualsiasi tentativo di sottomissione al divino, viene sarcasticamente ignorato.

Possiamo sottolineare degli aspetti (tra i tanti) molto significativi ed attuali tra i quali l'oblio come evento positivo e liberatorio ma anche il fatto che persino un'entità sovrannaturale sia incapace di intervenire all'interno del nostro io, lasciando a noi completa libertà (positiva o negativa) di azione. Il nostro eroe byroniano ci lascia aperte le porte sul suo tortuoso percorso di affronto al dolore. Manfred non è un uomo comune, sprigiona una forza tale per cui, persino nella peggior disperazione, non si lascia sopraffare dal potere, qualunque esso sia; egli va oltre la morale della propria epoca, indifferente all'esclusione e alle dicerie sul suo conto, tutte questioni che poco gli importano. Al di là dell'ambientazione assolutamente romantica, tra castelli e montagne, spiriti e streghe, si sente molto vicina la sofferenza del personaggio, immerso (e non sommerso) nel proprio dolore, ma anche la propria ''potenza'.

A distanza di decenni dalla sua pubblicazione, il Manfred si pone come fonte di grande ispirazione per il musicista ''Schumann'' che comporrà per l'opera la più importante base musicale (di cui lasciamo qui il link all'overtoure), ma non solo: anche il giovane Nietzsche è colpito dal racconto di Byron, tanto più che anche lui vi comporrà un pezzo per piano sopra, ''Manfred meditation''. Di grande rilevanza è, però, l'impronta che questa storia ha avuto su un importante intellettuale italiano del novecento, Carmelo Bene, che ne ha fatto una reinterpretazione teatrale adattando anche la musica composta da Schumann.
Questo ci fa capire quanto, a distanza di secoli, un'opera come il Manfred possa essere ancora di grande ispirazione per giovani artisti, intellettuali e curiosi e come ancora ora sia un personaggio in cui si può leggere un frammento di umanità e non un cumulo di vecchiume e polvere che con l'oggi non ha più a che fare.

Maria Bera

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