Antonio Milani: il mio prozio partigiano


Foto tessera di Antonio Milani
- Mercoledì 29 gennaio di 116 anni fa, nella Provincia di Ferrara, nel comune di Ro Ferrarese che aveva appena ottenuto l'autonomia amministrativa, nasceva Antonio Milani dal padre Guerrino e dalla madre Letizia, figlio di mezzo di 12 fratelli.   
La famiglia si trasferirà in seguito a Genova, e Antonio prenderà a lavorare nel porto come meccanico e all’avvento della repubblica sociale italiana nell’ottobre del 1943, all’età di 35 anni, sotto il nome di battaglia "Tigrini" deciderà di unirsi alle Squadre di Azione Patriottica (S.A.P) nel comando ”VI zona operativa”, comando partigiano che ebbe importanza significativa nella liberazione della Liguria tutta dal nazifascismo.
Verrà scritto negli anni a venire, in un testo commemorativo dalla sezione del P.C.I del porto di Genova: "l’esaltare l’opera d’un tale combattente con la fredda cronistoria dei fatti è dire troppo poco, perché fu grande come pochi, appartenne a quella schiera di perduta gente che si nominò S.A.P., organizzò cellule e settori e zone, rimanendo sempre il milite sapista impavido”.
Antonio Milani proseguì la sua attività di combattente nell'ombra per circa un anno, fino al 24 maggio 1944 quando in seguito all'accusa di uccisione di un maggiore fascista venne arrestato.

Quindi portato nel lager di Fossoli in Emilia-Romagna, per giungere poi a quello di Verona, e in seguito a quello di transito a Bolzano-Gries.
Il 5 settembre partirà da Bolzano col trasporto definito da Italo Tibaldi “trasporto 81”, convoglio ferroviario che collegava il campo di concentramento di Flossenbürg (campo situato tra Norimberga e Praga) e Bolzano il quale giunse a destinazione il 7 di quello stesso mese.

I triangoli dei deportati (Archivi Arolsen)
Il convoglio trasportò 432 persone con i numeri di matricola dal 21402 al 21834, egli era immatricolato col numero 21474. Il trasporto 81 comprendeva unicamente deportati per motivi politici, venne infatti assegnato loro una volta giunti a Flossenbürg il triangolo rosso e furono classificati come "Italianer Schutzhäftlinge" (deportato per motivi di sicurezza).


I detenuti giungevano al campo già privati d’ogni dignità personale, ma è in questo momento che essi perdevano definitivamente la loro libertà, il loro nome: all’arrivo nel campo era palpabile ciò che Levi definiva il male più grande, l’indifferenza:

“Sempre urlando e spintonando senza un perché, i nazisti coadiuvati dai kapo ci incolonnarono per cinque e così come degli automi salimmo verso il paese; il lager era in cima al colle. L’indifferenza della gente del posto al nostro passaggio era quasi totale”
Venanzio Gibillini [21626]

All’arrivo seguirà l’iniziazione dei detenuti che prevedeva la doccia e la vestizione tutto sotto il controllo dei kapo (prigionieri con funzione di comando).

“Sulle nostre teste c’è una rete intricata di tubi. Tutto è imbiancato a calce: è la doccia. Ci ordinano di spogliarci. (…). Qualcuno protesta e arrivano i kapo. (…) Ognuno brandisce un pezzo di tubo nero di gomma dura, il Gummi che cade su teste, spalle e natiche con terribile violenza per straziare le nostre carni nude.
Come demoni furiosi attaccano alla rinfusa e urlano spiritati. Impazziti, corriamo uno contro l’altro e le nostre grida si sommano all’eco delle pareti vuote per assordarci in un crescendo indicibile. Di colpo dalle docce precipita l’acqua insieme alla gragnola delle nerbate nere e cruente”
Vittore Bocchetta [21631]

Cartina del campo disegnata da un sopravvissuto
Milani una volta arrivato a Flossenbürg farà avanti e indietro dal sotto campo di Altenhammer, fino a che non iniziò la dissoluzione del campo, con marce forzate di migliaia di prigionieri, le cosiddette “marce della morte”. 
A Flossenbürg vennero fatti marciare dalle SS oltre 40.000 prigionieri dal campo e dai sotto campi verso sud, con marce lunghe anche alcuni giorni nelle quali migliaia di prigionieri morirono di stenti o vennero fucilati. Fu in queste ultime che presumibilmente Antonio Milani morirà il 21 aprile 1945 a distanza di 2 giorni dalla liberazione da parte degli statunitensi del campo di Flossenbürg i quali trovarono oramai solamente 1500 detenuti.

Con queste righe ho voluto ricordare una persona che non si nascose nell'indifferenza e che al contrario diede la vita per ciò in cui credeva. 





La città di Genova ha commemorato il suo sacrificio intitolandogli un pontile nel quartiere di Pegli.

Pontile Antonio Milani


Si ringrazia:

ILSREC-Istituto ligure per la storia della resistenza e dell'età contemporanea 
Arolsen Archives
Flossenbürg Memorial Archives
ANPI Genova 
ANED-Associazione Nazionale Ex-Deportati
Che hanno permesso con la loro disponibilità e professionalità di colmare il vuoto nella memoria familiare relativo alla scomparsa del mio pro-prozio.

Riccardo Bagnato

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