L'Ekleettico a Villa Croce per la mostra Visibilia
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La redazione con con il dott. Scacchetti alla mostra |
Angelo Ottobrino
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Immagine tratta da un'altra mostra dell'autore. L'opera in mostra era davvero impossibile da fotografare! |
Nell'esposizione di Visibilia un'installazione di grande importanza e significato è presente tra le sale.
Un'opera talmente larga che non l'abbiamo vista, ma non perché di notevoli dimensioni, bensì perché le parti che la compongono sono talmente piccole che inizialmente pensavamo fossero delle macchioline sul muro. Invece era l'opera di Francesco Voltolina (datata 2023) intitolata "Noi siamo le api dell'invisibile". L'opera si presenta disposta sul muro insieme ad altre opere, quindi discontinua, ed è formata da un gran numero di una parte fondamentale dell'ape, la ligula. La ligula è la proboscide dell'animale, quindi parte fondamentale per la sua vita. Voltolina prende le ligule delle api morte in un allevamento di un apicoltore e con la tecnica a cera persa le ripropone in bronzo. Il risultato è una composizione ammaliante e vasta che ha uno sfondo fascinosamente macabro. Il significato dell'opera sta nella posizione della proboscide delle api, che come si può ben notare è protusa, cioè distesa, questo per un motivo molto triste che causa tutt'oggi la morte di migliaia di api, le sostanze chimiche. Queste soffocano l'animale che a tentoni in modo disperato allarga la sua proboscide in cerca di ossigeno: per l'apicoltore è un segno chiaro, un segno di morte certa. Quell'opera talmente piccola che quasi non si vede - ma che una volta individuata è impossibile non vedere - rappresenta il problema odierno, quello di sviluppare uno sguardo più sensibile ed attento ai problemi quasi invisibili, ma che una volta individuati sono impossibili da non notare. Quel colore lucido del bronzo che allevia alla vista delle piccole proboscidi dà un tocco quasi angosciante all'opera che di per sé è irrequieta già di suo. In fondo i problemi non sono piacevoli e quest'opera ce lo ricorda a pieno.
Ivan Salice
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Ivan e Tomas davanti a "Io sono qui" |
Un'opera particolare progettata specificamente per lo spazio di Villa Croce (dopo la Biennale di Venezia del 2013) è "Io sono qui" di Maria Elisabetta Novello: il materiale che ha utilizzato per comporla è semplicissima cenere.
Diventa interessante e particolare il fatto che il materiale sia interamente deteriorabile e il fatto che alla fine della mostra tutto verrà spazzato e la pulizia butterà tutto via; questo fatto aumenta la dimensione effimera o quanto meno, è effimera la presenza dell'oggetto, ma non è effimera la presenza dell'artista, che, in ogni caso, ha lasciato una traccia; e se non ha lasciato una traccia fisica, ha lasciato una traccia legata alla memoria.
Il gioco di ''Io Sono Qui'' non essendoci è quindi - come ci spiega il dott. Scacchetti - un gioco particolare, ma ancor più amplificato dal fatto che la cenere che utilizza è quella del suo camino, ma viene anche dalla cenere che i suoi vicini le portano, perché sanno che ne servono delle grandi quantità, e a questo punto, diventa un lavoro molto sociale. Allora ''Io Sono Qui'', non è soltanto lei che è qui, ma è lei con la sua socialità. Quindi c'è questa interessante stratificazione, che in qualche modo va a comporre un concetto, un'idea o un ritratto. Quest'opera quindi, è frutto dell'aspirazione di essere visti, sentiti, ascoltati.
Martin Palozzi
E ora qualche foto di altre opere...
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Salvatore Falci, Effetto Ghianda, 2023 |
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Massimo Uberti, The other side of (the) art, 2021 |
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