Che cosa starà pensando mia moglie?

Friedrich, Viandante sul mare di nebbia             
Cosa starà pensando mia moglie? Si preoccuperà? Godrà della mia assenza con un fiero sorriso in volto o aspetterà piangendo il mio ritorno?
Sono solo le sette del mattino e già la mia mente si affolla di pensieri come una grotta umida che accoglie i suoi pipistrelli o come questa valle che si piega alle sue nuvole.
A tarda notte abbiamo discusso, io e mia moglie, fu in litigio acceso e le nostre parole risuonavano nella stanza come schiaffi sul viso. Quella donna mi capisce come nessun altro da ormai vent'anni, sa quello che penso, sa quello che provo, ciò che mi piace e ciò che detesto. C'è una cosa però che nonostante le lunghe e innumerevoli notti passate insieme ancora fatica a comprendere: le mie paure.

Nella vita sono stato marito, padre, figlio e anche appassionato studente, mediocre pittore e famoso poeta. Ho   cambiato amici, amori e passioni ma fin dalla più giovane età una cosa ha gettato pioggia su ogni mio sole: la natura, il mondo, la cruda e spaventosa realtà.
Questa notte mia moglie ha notato, come sempre fa con grande affetto, il mio tormento nello scrivere una poesia intitolata “Ode al vento occidentale”.
Quei versi sono a me cari, scrivo per esprimere le mie paure, cercando di far emergere in me tutto quel ottimismo andato perduto. Mia moglie Mary è colei che per prima ha il privilegio di leggere le mie poesie, spesso nemmeno pubblicate, così che possa capirmi ancor prima che il resto del mondo possa fraintendermi.
Al lume d'una candela pressoché spenta ieri però Mary si alzò dal letto turbata dal graffiare dell’inchiostro sulla carta e leggendo la poesia, innervosita, mi disse: “Cosa è che ti tormenta tanto da rimanere sveglio tutte le notti lontano dal mio amore?”.
Quelle parole mi colpirono, aprirono in me una ferita mai veramente chiusa. Ormai i miei tormenti prendono in me anche lo spazio della mia amata, la privo del mio affetto pur di rassicurare me stesso e le tolgo il mio amore sperando che, se amo le mie paure, esse si attenuino. Ma la speranza evidentemente è inutile, quale marito vorrebbe vedere la propria moglie sentirsi in questo modo? Quale uomo per quanto sventurato?

Passarono quindi poche ore, tra litigio e riflessione, fino al momento in cui decisi di mettermi le scarpe e un completo abbandonato in salotto dal giorno prima, di prendere il mio bastone ed uscire. Arrivai al punto più alto della montagna vicino a casa e proprio da questo precipizio ripenso alla nottata, con le dita ancora ardenti dallo stoppino spento frettolosamente ed il colletto irto della camicia da notte che spunta dalla giacca di velluto. Prendo il taccuino lasciato dormiente nella tasca dei pantaloni e mi accingo a rispolverare le mie scarse doti da pittore. Non oso neanche sedermi davanti a tanta meraviglia, rimango in piedi cercando di mantenere una posa fiera che la rispetti.
Sotto al disegno della vallata, spaventosamente coperta di nebbia, scrivo qualche parola: 
“Mary, amore mio, guarda l’immensità del mondo, guarda tutto ciò che mi spaventa.
Come possiamo pensare che cotanta bellezza non possa un giorno renderci talmente piccoli da scomparire? Come possiamo essere certi di non svanire in tutta questa nebbia?
È vero, il mio amore per te è nulla in confronto alla potente natura in cui viviamo, ma l’unica cosa che mi può salvare da essa.
Tuo, Percy.”

Dharma Parodi

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